lunedì 25 novembre 2013

Le intercettazioni clamorose di Riina - Le rivelazioni Stato-Mafia.

Il Fatto Quotidiano pubblica un articolo dedicato all'exploit del mafioso Totò Riina. Leggiamo insieme:Processo Trattativa, Riina: “Questi cornuti portano pure Napolitano”



Questi cornuti… (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”. Totò Riina si guarda intorno, volta le spalle ai sorveglianti, si piega verso il suo interlocutore, poi bisbiglia: “Sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”. Il boss è seduto su una panchina: accanto a lui c’è Alberto Lorusso, personaggio di spicco della Sacra corona unita, la mafia pugliese, un uomo rispettoso che sa ascoltare. Lorusso tace, Riina parla: “Berlusconi? A quello carcere non gliene fanno fare… Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. E poi: “Io sono sempre stato un potentoso… e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto”.
L’immagine catturata dalla micro-telecamera nascosta è nitida e la voce registrata dalle cimici piazzate nel cortile del carcere di Opera arriva agli uomini della Dia forte e chiara: dopo vent’anni trascorsi in carcere al 41-bis, nel più assoluto silenzio, il capo dei capi non si trattiene più. La sua camera di decompressione, il suo sfogatoio, è l’ora d’aria: ricorda, commenta, si sfoga, chiacchiera a ruota libera di Berlusconi, cita Napolitano, critica il suo complice Bernardo Provenzano, giudicandolo poco coraggioso, e per la prima volta rivendica la piena paternità delle stragi di Capaci e via D’Amelio, gonfiandosi d’orgoglio: “Quello venne per i tonni – dice alludendo a Falcone che nel maggio del ’92 era stato invitato a Favignana ad assistere alla mattanza – e gli ho fatto fare la fine del tonno”.
“Che bella la mia stagione delle stragi”
Riina “il purosangue” (così lo ha definito il pentito Nino Giuffrè, alludendo alla sua fama di irriducibile all’interno di Cosa Nostra) perde l’autocontrollo che sfoggia nelle aule giudiziarie e appare come un fiume in piena, vomitando tutta la sua rabbia per il processo sulla trattativa Stato-mafia. Dice: “Mi fa impazzire”. E ancora: “Questi pm mi fanno impazzire”. Ce l’ha in particolare con Nino Di Matteo: “Ma che vuole questo? Perché mi guarda? A questo devo fargli fare la fine degli altri”. Di Matteo è il suo chiodo fisso. È uno che “fa parlare i pentiti, gli tira le cose di bocca”, uno “troppo accanito”.
È una svolta epocale. Per la prima volta, i pm di Palermo e gli investigatori della Dia ascoltano in presa diretta la storia di un ventennio di stragi attraverso i ricordi dello stratega mafioso più sfrenato. Quando parla di Rocco Chinnici, il magistrato assassinato con un’autobomba in via Pipitone Federico nel luglio dell’83, Riina è compiaciuto: “A quello l’ho fatto volare in aria, saltò in aria e poi tornò per terra, fece un volo”. Quando parla di Falcone e Borsellino, quasi si commuove al pensiero di quanto fosse gloriosa quella stagione di sangue. “Io sono sempre stato un potentoso, deciso, non ho mai perso tempo”. Il pugliese Lorusso, a questo punto, lo lusinga: “Che bella stagione quella, peccato che sia finita”. E Riina: “Se fossi fuori, non starei a perdere tempo, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.
“Dovevamo continuare con le bombe in Sicilia”

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